Armando Valladares

Una dedica ai miei compagni di prigionia a Cuba

Ischia, luglio 2009 – La prua della nave che ci portava verso l’isola di Ischia avanzava veloce alzando spruzzi di schiuma nel meraviglioso mare a sud di Napoli. Mia moglie e io godevamo del calore della brezzo sotto l’azzurro intenso del cielo e non riuscivamo a distogliere lo sguardo dal paesaggio che velocemente sfilava a fianco a noi. Di Ischia sapevamo che era una piccola isola incantevole a sud di Napoli, famosa per le sue bellezze naturali. Però nè i depliant turistici più dettagliati, nè le cartoline e i racconti degli amici che l’avevano visitata, potevano avvicinarsi alla realtà. Il molo dove sbarcammo era pieno di turisti in partenza ed altri, come noi, che arrivavano ansiosi di sbarcare e andare a conoscere l’isola.

Eravamo attesi e questa fu la prima dimostrazione dell’affetto e del calore umano dei nostri anfitrioni. La macchina ci portò all’hotel percorrendo una strada bordata da oleandri. Noi li conosciamo la pianta col nome di Adelfa, ma non ne avevamo mai visti sotto forma di albero, il risultato del lavoro straordinario di giardinieri che con pazienza ed arte avevano potato i rami ed indirizzato il tronco centrale, come fossero maestosi bonsai giganti, trasformando la pianta in un tronco sormontato da una corona di fronde dai molti colori. Mentre la macchina saliva, a destra si apriva l’orizzonte azzurro del mare e su di esso si cullavano le pennellate bianche delle vele delle barche, splendenti come gabbiani all’ancora. All’hotel della Regina Isabella ci attendeva la camera nella quale aveva soggiornato Alfred Hitchcock, il mago della suspense. Una piccola targa vicino alla porta ricordava che questo personaggio tanto enigmatico era stato ospitato lì.

La vista dal balcone è indimenticabile. In basso, come uno smeraldo liquido e trasparente, l’acqua tranquilla, pulita e senza un’onda era un invito a tuffarsi. Sulla lunga scogliera come funghi colorati si aprivano ombrelloni da spiaggia. Andammo a fare una passeggiata nel paese, perdendoci nei deliziosi vicoli.

I fiori erano delle meravigliose cascate che scendevano in ogni angolo immaginabile. I piccoli negozi di oggetti turistici erano una esplosione di colori, frutta, caramelle dolcissime e il famoso limoncello, decantato dagli amici che lo avevano assaggiato. Altri negozi erano pieni di spezie aromatiche, di tentazioni chiamate torroni, di liquori, ceramiche, argenti finemente lavorati e trovammo tutto ciò che un visitatore possa desiderare. Dei piccoli ristoranti, con terrazze bordate di fiori; antiquari dai modi gentili; consigli preziosi e spiegazioni dei prodotti che non conoscevamo. Ma la sorpresa straordinaria fu ciò che avvenne nel parco della cittadina: una scenografia montata all’aperto, gli abitanti che portavano le sedie dalle loro case e subito nel teatro improvvisto e iniziò il Barbiere di Siviglia. Un pubblico silenzioso che come noi ha apprezzato quello spettacolo indimenticabile. Il Premio Ischia Internazionale di giornalismo assegnava per la prima volta un riconoscimento alla lotta per i Diritti Umani ed io ero il primo destinatario del Premio. In quello scenario meraviglioso in un’isola incantata, vero paradiso in terra, ho dedicato questo premio alla memoria dei miei compagni di prigione, morti a causa delle torture nelle segrete della Seguridad dello stato cubano e nelle carceri politiche. E’ passato quasi un anno con la morte di un umile operaio negro, Orlando Zapata Tamayo, un prigioniero di coscienza di Amnesty International, che è morto in seguito ad uno sciopero della fame e al quale è stata persino negata l’acqua per quasi due settimane.

Questo prigioniero non chiedeva di essere liberato, non chiedeva alcun benessere materiale, chiedeva solo di non essere più picchiato, di non essere più torturato … ma malgrado ciò per quaranta, sessanta, ottanta giorni lo hanno picchiato per di fargli interrompere lo sciopero. Il suo cadavere era livido di colpi, il petto, le spalle, le braccia mostravano le impronte delle torture ricevute fino all’ultimo giorno, quello della sua morte. Il sacrificio di questo prigioniero, ha risvegliato la coscienza del mondo, all’improvviso l’opinione pubblica ha “scoperto” che a Cuba vi è una tirannia feroce, che tortura i propri prigionieri fino alla morte o che arresta le Dame Bianche per la strada per il solo delitto di sfilare pacificamente, in silenzio, per i propri familiari carcerati.

L’Uomo è l’essere meraviglioso del creato, torturarlo, sterminarlo per le sue idee, più che una violazione dei Diritti Umani, è un crimine contro l’Umanità. Sfortunatamente, alcuni hanno una sensibilità selettiva e condannano le violazioni di questi diritti quando avvengono all’interno di dittature con le quali non simpatizzano e ostentano un silenzio complice quando gli stessi crimini sono commessi da dittature di segno contrario, come avviene per coloro che giustificano la dittatura di Fidel Castro. Non esiste una dittatura buona. L’essere umano è più di un’ideologia, di una fede, una razza, una religione, un sistema di vita ed al di sopra di ogni altra considerazione vi è la sua condizione umana. Per questo, riconoscimenti come il Premio Ischia Internazionale per i Diritti Umani rappresentano un contributo importante alla lotta per costruire un mondo migliore, nel quale la dignità di ogni abitante del pianeta sia rispettata a prescindere da qualsiasi altra condizione.